Descrizione
Chi sono oggi le donne baricellesi?
La composizione demografica del nostro territorio è notevolmente mutata negli ultimi anni: abbiamo donne e uomini provenienti da diversi paesi europei e non. La componente più numerosa delle famiglie che provengono dall’estero è certamente quella marocchina.
Le donne, per la maggior parte, arrivano in Italia per ricongiungimento familiare col marito, di solito già residente nel nostro paese. Esse diventano il fulcro della famiglia ma molte di loro, una volta ambientate nel nuovo contesto sociale, interagiscono e si creano spazi di autonomia.
Il mondo arabo sta cambiando anche e soprattutto grazie al ruolo della donna, che negli ultimi anni sta diventando sempre più importante nelle lotte per i diritti.
Per la nostra rubrica Rete Donna, abbiamo intervistato Saida Jabelhadj, nata in Marocco e nostra concittadina dal 1995: un’occasione per discutere di questioni di genere, integrazione, lavoro, religione e libertà.
Saida proviene da una famiglia marocchina benestante, grazie al prestigio di suo padre, giudice e decorato al valore militare. A 18 anni aveva già ricevuto proposte di matrimonio da figli di famiglie di livello sociale medio alto, ma il suo sogno è sempre stato quello di trasferirsi in Italia e di confrontarsi con una realtà diversa dal suo paese. Così decide, col consenso dei genitori, di sposare un ragazzo marocchino già residente nel nostro paese e con un regolare contratto di lavoro.
Durante i primi 3 anni di matrimonio Saida si è occupata prevalentemente di faccende domestiche e nonostante suo marito le ripetesse: ”Eri come una regina (in Marocco) e ti faccio vivere da regina” Saida si rendeva sempre più conto che non stava facendo fino infondo la vita che aveva sognato.
Grazie all’amicizia con i vicini di casa e la sua tenacia, Saida inizia a studiare su un libro di grammatica italiana e impara bene la nostra lingua. Saida è sempre più decisa ad avere una propria indipendenza: il suo progetto deve andare avanti.
In un primo momento suo marito si oppone alla decisione di Saida ma, di fronte alla sua determinazione, se ne fa una ragione e le trova addirittura la prima occupazione. Racconta Saida:
“Non sono venuta qui per stare chiusa, dovevo entrare in mezzo alle persone e ho scelto di lavorare per quello. Rido, scherzo e cambio spesso posto di lavoro. Ho scelto di lavorare in una impresa di pulizie perché non mi piace stare ferma.”
Dopo un periodo da dipendente in un’impresa di pulizia, Saida decide di aprire un’ agenzia per proprio conto:
“Con l’aiuto di Dio, che ti aiuta sempre e grazie alle buone referenze, ho cominciato subito a lavorare. Un cliente, contento del mio lavoro, mi ha insegnato come dovevo fare con la burocrazia. Ora anche mio marito ha una ditta in proprio, ma ci ho tenuto a dirgli che siamo due ditte separate. Lo aiuto se ha bisogno, ma ognuno ha la sua. Ho fatto fatica a conciliare la famiglia e il lavoro, ma ho cresciuto bene mio figlio. Ora lavora con suo padre. Una donna felice fa felice anche il marito e noi siamo una coppia molto unita”.
Qualche anno fa, Saida ha costituito un’associazione culturale denominata “ACRE”. Le parole di Saida:
“...mi piace aiutare le persone, e quando mi chiamano per dare una mano io vedo che do felicità e allora ti torna il doppio, per quello ho continuato. Ci sono donne marocchine e italiane che fanno volontariato con noi. Facciamo corsi di lingua araba per i bambini che sono nati qua, altrimenti quando vanno dai parenti in Marocco non possono comunicare, e di italiano ai bambini appena arrivati qui in Italia.”
L’associazione ACRE oggi è cresciuta ed ha fatto rete con molteplici associazioni italiane e marocchine. Saida con la sua associazione organizza e partecipa a convegni di intercultura e dialogo interreligioso per promuovere la pace:
“Se sbaglio io non c’entra l’Islam, ma la persona e se sbagli tu non c’entra il cristianesimo, ma la persona. Dobbiamo vivere nella fratellanza e dobbiamo trasmettere questo messaggio a tutti.
Siamo stati al Centro interculturale Zonarelli a Bologna, alla Moschea di Imola, a Modena, a Spilamberto e anche a Baricella. In particolare, per l’importanza di questi temi sono intervenuti personaggi importanti come Yassine Lafram, presidente dell’UCOI (Unione delle Comunità Islamiche Italiane), lo scrittore Hamza Piccardo, fra’ Dino Dozzi, direttore scientifico del Festival Francescano, Monsignor Giovanni Nicolini, direttore della CARITAS diocesana e altri.
Al termine degli incontri abbiamo sempre un momento di condivisione del cibo e ci scambiamo le specialità, couscous e pasta, e ci comportiamo come fratelli come ha detto anche Gesù -ama il prossimo come te stesso- .”
Alla fine dell’intervista, Saida si congeda con delle parole di speranza e libertà rivolte a tutti noi:
“Nella vita non finisci mai di sognare e voglio dare questo messaggio ai giovani e alle giovani donne: io mi sento libera.
Tutte le donne si devono muovere per cercare e trovare la propria libertà.
Ci sono donne sottomesse di tutte le nazionalità, dobbiamo lottare e muoverci per trovare la felicità nel dare e aiutare il prossimo, questo dà libertà e felicità!”
Un caro ringraziamento a Saida per la sua disponibilità a condividere la sua esperienza con tutti i concittadini baricellesi.
La composizione demografica del nostro territorio è notevolmente mutata negli ultimi anni: abbiamo donne e uomini provenienti da diversi paesi europei e non. La componente più numerosa delle famiglie che provengono dall’estero è certamente quella marocchina.
Le donne, per la maggior parte, arrivano in Italia per ricongiungimento familiare col marito, di solito già residente nel nostro paese. Esse diventano il fulcro della famiglia ma molte di loro, una volta ambientate nel nuovo contesto sociale, interagiscono e si creano spazi di autonomia.
Il mondo arabo sta cambiando anche e soprattutto grazie al ruolo della donna, che negli ultimi anni sta diventando sempre più importante nelle lotte per i diritti.
Per la nostra rubrica Rete Donna, abbiamo intervistato Saida Jabelhadj, nata in Marocco e nostra concittadina dal 1995: un’occasione per discutere di questioni di genere, integrazione, lavoro, religione e libertà.
Saida proviene da una famiglia marocchina benestante, grazie al prestigio di suo padre, giudice e decorato al valore militare. A 18 anni aveva già ricevuto proposte di matrimonio da figli di famiglie di livello sociale medio alto, ma il suo sogno è sempre stato quello di trasferirsi in Italia e di confrontarsi con una realtà diversa dal suo paese. Così decide, col consenso dei genitori, di sposare un ragazzo marocchino già residente nel nostro paese e con un regolare contratto di lavoro.
Durante i primi 3 anni di matrimonio Saida si è occupata prevalentemente di faccende domestiche e nonostante suo marito le ripetesse: ”Eri come una regina (in Marocco) e ti faccio vivere da regina” Saida si rendeva sempre più conto che non stava facendo fino infondo la vita che aveva sognato.
Grazie all’amicizia con i vicini di casa e la sua tenacia, Saida inizia a studiare su un libro di grammatica italiana e impara bene la nostra lingua. Saida è sempre più decisa ad avere una propria indipendenza: il suo progetto deve andare avanti.
In un primo momento suo marito si oppone alla decisione di Saida ma, di fronte alla sua determinazione, se ne fa una ragione e le trova addirittura la prima occupazione. Racconta Saida:
“Non sono venuta qui per stare chiusa, dovevo entrare in mezzo alle persone e ho scelto di lavorare per quello. Rido, scherzo e cambio spesso posto di lavoro. Ho scelto di lavorare in una impresa di pulizie perché non mi piace stare ferma.”
Dopo un periodo da dipendente in un’impresa di pulizia, Saida decide di aprire un’ agenzia per proprio conto:
“Con l’aiuto di Dio, che ti aiuta sempre e grazie alle buone referenze, ho cominciato subito a lavorare. Un cliente, contento del mio lavoro, mi ha insegnato come dovevo fare con la burocrazia. Ora anche mio marito ha una ditta in proprio, ma ci ho tenuto a dirgli che siamo due ditte separate. Lo aiuto se ha bisogno, ma ognuno ha la sua. Ho fatto fatica a conciliare la famiglia e il lavoro, ma ho cresciuto bene mio figlio. Ora lavora con suo padre. Una donna felice fa felice anche il marito e noi siamo una coppia molto unita”.
Qualche anno fa, Saida ha costituito un’associazione culturale denominata “ACRE”. Le parole di Saida:
“...mi piace aiutare le persone, e quando mi chiamano per dare una mano io vedo che do felicità e allora ti torna il doppio, per quello ho continuato. Ci sono donne marocchine e italiane che fanno volontariato con noi. Facciamo corsi di lingua araba per i bambini che sono nati qua, altrimenti quando vanno dai parenti in Marocco non possono comunicare, e di italiano ai bambini appena arrivati qui in Italia.”
L’associazione ACRE oggi è cresciuta ed ha fatto rete con molteplici associazioni italiane e marocchine. Saida con la sua associazione organizza e partecipa a convegni di intercultura e dialogo interreligioso per promuovere la pace:
“Se sbaglio io non c’entra l’Islam, ma la persona e se sbagli tu non c’entra il cristianesimo, ma la persona. Dobbiamo vivere nella fratellanza e dobbiamo trasmettere questo messaggio a tutti.
Siamo stati al Centro interculturale Zonarelli a Bologna, alla Moschea di Imola, a Modena, a Spilamberto e anche a Baricella. In particolare, per l’importanza di questi temi sono intervenuti personaggi importanti come Yassine Lafram, presidente dell’UCOI (Unione delle Comunità Islamiche Italiane), lo scrittore Hamza Piccardo, fra’ Dino Dozzi, direttore scientifico del Festival Francescano, Monsignor Giovanni Nicolini, direttore della CARITAS diocesana e altri.
Al termine degli incontri abbiamo sempre un momento di condivisione del cibo e ci scambiamo le specialità, couscous e pasta, e ci comportiamo come fratelli come ha detto anche Gesù -ama il prossimo come te stesso- .”
Alla fine dell’intervista, Saida si congeda con delle parole di speranza e libertà rivolte a tutti noi:
“Nella vita non finisci mai di sognare e voglio dare questo messaggio ai giovani e alle giovani donne: io mi sento libera.
Tutte le donne si devono muovere per cercare e trovare la propria libertà.
Ci sono donne sottomesse di tutte le nazionalità, dobbiamo lottare e muoverci per trovare la felicità nel dare e aiutare il prossimo, questo dà libertà e felicità!”
Un caro ringraziamento a Saida per la sua disponibilità a condividere la sua esperienza con tutti i concittadini baricellesi.
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Ultimo aggiornamento pagina: 25/06/2021 13:13:06