Descrizione
In occasione di Fior di fiera 2022, che riprende dopo due anni di stop causa pandemia, vi presentiamo l’autore delle opere fotografiche che troverete esposte nella Galleria Magnanini a partire dal giorno 8 maggio 2022, Remo Manzoli.
Remo è nato e cresciuto nel ferrarese e da sempre è amante della natura e del paesaggio della bassa emiliana.
R- “Ricordo che fin da piccolo ho imparato ad amare quelle giornate nebbiose, tutto assumeva un fascino particolare e sembrava di vivere in un sogno”
D- Il suo interesse per la fotografia nasce da quel ricordo? O cosa l’ha spinto verso questa forma d’arte?
R- “In realtà, in gioventù, avrei voluto fare il regista. Pensavo che attraverso la telecamera avrei potuto risolvere anche le situazioni più complicate della vita, dando loro sempre un lieto fine. Bastava semplicemente cambiare il copione. Ben presto, però, ho compreso che la realtà era completamente diversa. I problemi vanno affrontati con razionalità e concretezza e quindi abbandonai le mie velleità di regista e intrapresi altri percorsi lavorativi. Grazie al mio lavoro ho viaggiato molto e visto paesaggi di una bellezza indescrivibile, albe e tramonti da mozzare il fiato ed è stato in quei momenti che il desiderio di catturare quella bellezza incantevole ha cominciato a farsi strada dentro di me.
D- è dalle bellezze che vedeva durante i suoi viaggi che è partita la voglia di fare fotografia?
R- “Quello è stato il momento in cui i miei occhi hanno cominciato a vedere veramente ma l’evento che mi ha spinto ad appassionarmi alla fotografia è stato un regalo da parte di mia figlia.
Mi regalò un grosso volume sulla storia della fotografia che cominciai immediatamente a leggere con grande interesse. Man mano che mi addentravo nell’ argomento capivo che la fotografia non era ciò io avevo immaginato fino ad allora. Rimasi colpito in particolar modo da W.H. Fox Talbot, l’inventore della prima fotografia stampata su supporto cartaceo. La cosa veramente interessante era la motivazione che aveva spinto quest’uomo a impegnarsi così tanto.
Talbot, membro di una famiglia dell’alta borghesia inglese, a differenza dei suoi familiari, non sapeva dipingere. Fu la voglia di trovare un modo tutto suo di cercare di catturare la realtà e di trasferirla su un supporto cartaceo che lo spinse in questa sua impresa grandiosa e nel 1835 riuscì.
Nacque così la fotografia, una nuova forma d’arte che con uno strumento meccanico/ottico e fogli di carta sensibilizzata si proponeva di affiancare tavolozza e pennelli nel creare immagini meravigliose.”
D- C’incuriosisce molto il titolo della sua mostra “Luce, controluce ed altre storie di un tempo sospeso”, saremmo curiosi di sapere i retroscena.
R- “ Luce: è la conditio sine qua non della fotografia (dal greco “scrivere con la luce”) ma non solo... rievoca quel momento in cui, prima della pandemia, le immagini vestivano i nostri pensieri di una luce interiore. Una luce che abbiamo un pochino spento, non per volontà, durante la pandemia.
Controluce: rappresenta tutte le emozioni, che ho vissuto nel guardare albe e tramonti, che so descrivere solo scattando foto.
Storie di un tempo sospeso: sono le varie sensazioni vissute durante e dopo il 2020, nelle giornate dei “pensieri NO” ho cercato di tramutare in immagini questi pensieri ricreando in laboratorio quello che provavo.”
D- Quali sono i soggetti che preferisce fotografare?
R- “ Viste le mie origini e per quanto detto prima direi i paesaggi anche se, ultimamente, sono molto preso dal costruire composizioni in studio che esprimano un mio pensiero o un mio stato d’animo. Non essendo capace di dipingere, anche se mi piacerebbe tanto poterlo fare, uso la macchina fotografica per produrre immagini che possano assomigliare a dipinti, proprio come faceva Talbot.
D- Preferisce la fotografia a colori o quella in bianco e nero?
R- Preferisco scattare a colori, sento questo tipo di fotografia più vicino al mio pensiero. Forse non sono ancora pronto per il bianco e nero, ho ancora molto da imparare.
D- Ci spiega, brevemente, cosa aspettarci dalla sua mostra fotografica?
R- la mostra si divide in due momenti distinti: uno ante pandemia, l’altro durante il lockdown del 2020 o immediatamente dopo. La prima parte contempla immagini scattate in un periodo dove ognuno poteva muoversi liberamente alla scoperta di paesaggi particolari, dove la magia della luce scolpiva i dettagli più affascinanti e si poteva godere di quella bellezza coinvolgente. La seconda parte il 9 marzo 2020, con l’inizio del lockdown. Eravamo chiusi in casa in preda all’ angoscia e alla paura, mi sentivo come se fossi imprigionato in un tunnel senza via d’uscita. Ognuno ha reagito come meglio poteva per esorcizzare la paura e la malinconia che ci stava pervadendo. Io mi sono ritrovato a rovistare nella soffitta alla ricerca di oggetti da tempo dimenticati e ho provato a riportarli in vita. Ho cercato di trasformare in immagini i miei pensieri, le mie emozioni con l’aiuto di un piccolo set fotografico ricavato nell’ ufficio di casa. Quanto sia riuscito nell’ impresa non so dirlo, ciò che posso dire è che ho cercato di far prevalere l’impatto emotivo sul tecnicismo. Alla perfezione dell’immagine ho preferito far emergere l’anima che ho messo in ogni singolo scatto.
La mostra si conclude con due immagini che vogliono essere un messaggio di speranza. Perchè io amo fotografare e la mia unica intenzione è quella di condividere l’emozione che provo quando fotografo.
Ringraziamo Remo per averci incontrati. Il nostro invito è quello di venire a visitare la mostra delle sue opere esposte nella Galleria Magnanini, presso il Bargello a partire dal 8 maggio alle ore 11:30 e fino al 29 maggio.
Vi aspettiamo!
Remo è nato e cresciuto nel ferrarese e da sempre è amante della natura e del paesaggio della bassa emiliana.
R- “Ricordo che fin da piccolo ho imparato ad amare quelle giornate nebbiose, tutto assumeva un fascino particolare e sembrava di vivere in un sogno”
D- Il suo interesse per la fotografia nasce da quel ricordo? O cosa l’ha spinto verso questa forma d’arte?
R- “In realtà, in gioventù, avrei voluto fare il regista. Pensavo che attraverso la telecamera avrei potuto risolvere anche le situazioni più complicate della vita, dando loro sempre un lieto fine. Bastava semplicemente cambiare il copione. Ben presto, però, ho compreso che la realtà era completamente diversa. I problemi vanno affrontati con razionalità e concretezza e quindi abbandonai le mie velleità di regista e intrapresi altri percorsi lavorativi. Grazie al mio lavoro ho viaggiato molto e visto paesaggi di una bellezza indescrivibile, albe e tramonti da mozzare il fiato ed è stato in quei momenti che il desiderio di catturare quella bellezza incantevole ha cominciato a farsi strada dentro di me.
D- è dalle bellezze che vedeva durante i suoi viaggi che è partita la voglia di fare fotografia?
R- “Quello è stato il momento in cui i miei occhi hanno cominciato a vedere veramente ma l’evento che mi ha spinto ad appassionarmi alla fotografia è stato un regalo da parte di mia figlia.
Mi regalò un grosso volume sulla storia della fotografia che cominciai immediatamente a leggere con grande interesse. Man mano che mi addentravo nell’ argomento capivo che la fotografia non era ciò io avevo immaginato fino ad allora. Rimasi colpito in particolar modo da W.H. Fox Talbot, l’inventore della prima fotografia stampata su supporto cartaceo. La cosa veramente interessante era la motivazione che aveva spinto quest’uomo a impegnarsi così tanto.
Talbot, membro di una famiglia dell’alta borghesia inglese, a differenza dei suoi familiari, non sapeva dipingere. Fu la voglia di trovare un modo tutto suo di cercare di catturare la realtà e di trasferirla su un supporto cartaceo che lo spinse in questa sua impresa grandiosa e nel 1835 riuscì.
Nacque così la fotografia, una nuova forma d’arte che con uno strumento meccanico/ottico e fogli di carta sensibilizzata si proponeva di affiancare tavolozza e pennelli nel creare immagini meravigliose.”
D- C’incuriosisce molto il titolo della sua mostra “Luce, controluce ed altre storie di un tempo sospeso”, saremmo curiosi di sapere i retroscena.
R- “ Luce: è la conditio sine qua non della fotografia (dal greco “scrivere con la luce”) ma non solo... rievoca quel momento in cui, prima della pandemia, le immagini vestivano i nostri pensieri di una luce interiore. Una luce che abbiamo un pochino spento, non per volontà, durante la pandemia.
Controluce: rappresenta tutte le emozioni, che ho vissuto nel guardare albe e tramonti, che so descrivere solo scattando foto.
Storie di un tempo sospeso: sono le varie sensazioni vissute durante e dopo il 2020, nelle giornate dei “pensieri NO” ho cercato di tramutare in immagini questi pensieri ricreando in laboratorio quello che provavo.”
D- Quali sono i soggetti che preferisce fotografare?
R- “ Viste le mie origini e per quanto detto prima direi i paesaggi anche se, ultimamente, sono molto preso dal costruire composizioni in studio che esprimano un mio pensiero o un mio stato d’animo. Non essendo capace di dipingere, anche se mi piacerebbe tanto poterlo fare, uso la macchina fotografica per produrre immagini che possano assomigliare a dipinti, proprio come faceva Talbot.
D- Preferisce la fotografia a colori o quella in bianco e nero?
R- Preferisco scattare a colori, sento questo tipo di fotografia più vicino al mio pensiero. Forse non sono ancora pronto per il bianco e nero, ho ancora molto da imparare.
D- Ci spiega, brevemente, cosa aspettarci dalla sua mostra fotografica?
R- la mostra si divide in due momenti distinti: uno ante pandemia, l’altro durante il lockdown del 2020 o immediatamente dopo. La prima parte contempla immagini scattate in un periodo dove ognuno poteva muoversi liberamente alla scoperta di paesaggi particolari, dove la magia della luce scolpiva i dettagli più affascinanti e si poteva godere di quella bellezza coinvolgente. La seconda parte il 9 marzo 2020, con l’inizio del lockdown. Eravamo chiusi in casa in preda all’ angoscia e alla paura, mi sentivo come se fossi imprigionato in un tunnel senza via d’uscita. Ognuno ha reagito come meglio poteva per esorcizzare la paura e la malinconia che ci stava pervadendo. Io mi sono ritrovato a rovistare nella soffitta alla ricerca di oggetti da tempo dimenticati e ho provato a riportarli in vita. Ho cercato di trasformare in immagini i miei pensieri, le mie emozioni con l’aiuto di un piccolo set fotografico ricavato nell’ ufficio di casa. Quanto sia riuscito nell’ impresa non so dirlo, ciò che posso dire è che ho cercato di far prevalere l’impatto emotivo sul tecnicismo. Alla perfezione dell’immagine ho preferito far emergere l’anima che ho messo in ogni singolo scatto.
La mostra si conclude con due immagini che vogliono essere un messaggio di speranza. Perchè io amo fotografare e la mia unica intenzione è quella di condividere l’emozione che provo quando fotografo.
Ringraziamo Remo per averci incontrati. Il nostro invito è quello di venire a visitare la mostra delle sue opere esposte nella Galleria Magnanini, presso il Bargello a partire dal 8 maggio alle ore 11:30 e fino al 29 maggio.
Vi aspettiamo!
In calce il link dell'evento con tutte le informazioni
Allegati
Documenti
Link
A cura di
Ultimo aggiornamento pagina: 03/05/2022 09:26:58